
Il Cielo sembra appartenere solo agli astronomi e agli astrofisici ma in realtà, nel corso dei secoli, la sua immagine si è evoluta con le varie culture dell’Umanità.
Nelle antiche civiltà mesopotamiche il firmamento era descritto come una grande volta solida sostenuta da fondamenta che poggiavano sull’Oceano e che sostenevano anche la Terra. Spettava ai sacerdoti studiare, con grande precisione, la posizione delle stelle e dei pianeti e registrare lo svolgersi di fenomeni occasionali, come le eclissi di Sole e di Luna. Tutte queste importanti osservazioni erano finalizzate alla costruzione in una visione mitologica dell’Universo che permettesse la predizione e la giustificazione non solo degli eventi naturali ma anche di quelli sociali. Analogamente i sacerdoti egiziani furono capaci di pensare un modo molto intelligente per stabilire in maniera sicura la posizione del Sole tra le stelle, ancorando così al moto del Sole in cielo le date delle diverse attività agricole. In contrasto con la maggior parte delle altre mitologie, nell’antica religione egizia era una dea, Nut o Nuit, a governare il cielo… ed anche le nascite.
Al di fuori della valle del Nilo, anche nel resto dell’Africa è esistita una diffusa tradizione astronomica che associava gli elementi cosmici, come il Sole e la Luna, all’interno di contesti mitologici. In particolare, erano ampiamente diffuse forme di culto o di venerazione della Luna: ad esempio i Khoikhoi (Namibia) identificavano la Luna con il “signore della luce e della vita” e diventavano molto inquieti durante le eclissi lunari. Nell’area mediterranea forse è Omero a fornirci l’immagine più arcaica del cielo: una volta bronzea sostenuta da colonne e collocata al di sopra dell’aria e delle nuvole. In quel cielo stavano il Sole, la Luna e le stelle ma è pure la sede di Zeus e delle altre divinità, dalla quale esse scendevano per osservare e per partecipare alle vicende umane. Anche per il cristianesimo il cielo è il luogo del regno di Dio: per Dante l’Empireo, cielo spirituale, “è amore e luce”, cioè è il vero Paradiso.
Anche nella cultura islamica ci sono motivi profondamente religiosi per occuparsi di astronomia: il Corano, infatti, prescrive ai fedeli di levare gli occhi al cielo per decifrare i segni che Dio vuole inviare loro. Analogamente in molte altre civiltà il Cielo era la residenza delle varie divinità, cioè di entità in grado di interagire col mondo reale ma con le quali gli esseri viventi non potevano avere alcun rapporto “empirico”.
A partire dal 600 a.C. nel mondo greco si sviluppò tuttavia una cosmologia che descriveva l’Universo in termini geometrici e con principi che rimasero inalterati fino a quando Newton diede una spiegazione scientifica del moto dei corpi celesti. In quattrocento anni, cioè dal cannocchiale di Galileo ai telescopi spaziali, gli astronomi hanno visto e capito tanti aspetti del cielo. Hanno studiato i pianeti, le comete, gli asteroidi, le nebulose, le pulsar, le stelle, i quasar, le galassie e gli ammassi di galassie. Ormai si riesce a guardare fino i confini dell’Universo: tuttavia permane un senso di mistero che il cielo regala a tutti coloro che lo contemplano.
Infatti, sono ancora molte le domande alle quali attualmente non siamo in grado di dare una risposta: perché il nostro Universo si espande in modo accelerato? Perché le costanti fondamentali della Natura sono quelle che sono? Perché nel nostro Universo c’è stato sufficiente tempo per creare stelle e pianeti? Perché le stelle splendono proprio con la “giusta” quantità di energia? Per dare una risposta a queste domande servono teorie nuove in grado di spiegare tutte le caratteristiche del nostro Universo. Attualmente l’idea comunemente accettata nell’ambiente scientifico è quella conosciuta con il nome di ‘inflazione cosmologica’, secondo la quale nei momenti immediatamente successivi al Big Bang l’Universo si sarebbe espanso rapidamente ed esponenzialmente. L’ipotesi dell’inflazione cosmica spiega molte delle proprietà che oggi osserviamo nel cosmo, come ad esempio la sua struttura e la distribuzione delle galassie. Indubbiamente questa teoria, che inizialmente sembrava fantascienza, riesce a spiegare così tante caratteristiche importanti del nostro Universo che ormai è considerata con grande attenzione. Tuttavia molte sono ancora le cose del nostro Universo che non abbiamo ancora compreso!
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Simona Gallerani
Simona Gallerani è Professoressa Associata di Astrofisica e Cosmologia presso la Scuola Normale Superiore. Formatasi tra l’Università di Bari e quella di Padova, ha ottenuto il titolo di dottoressa di ricerca in Astrofisica presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Dopo 4 anni di postdoc in Italia (Osservatorio Astronomico di Roma) ed all’estero (posizione congiunta tra l’Università ELTE di Budapest e la Columbia University di New York; Istituto di Radioastronomia Millimetrica di Grenoble) ha raggiunto la Scuola Normale Superiore nel 2012, per mezzo di una borsa di studio indipendente dell’INAF.
La sua attività di ricerca riguarda lo studio dell’Universo primordiale su piccola e grande scala, ed in particolare si concentra sulla formazione ed evoluzione dei primi buchi neri che si sono formati dopo il Big Bang (dai buchi neri primordiali ai buchi neri supermassicci). Svolge tale attività di ricerca sia dal punto di vista teorico (tramite modelli analitici e simulazioni numeriche) che dal punto di vista osservativo. È infatti PI di progetti osservativi che si basano sull’uso di telescopi quali ad esempio ALMA e Chandra. Ha al suo attivo circa 160 pubblicazioni scientifiche che hanno ricevuto circa 7.000 citazioni (H-index=50). È PI locale di diversi progetti PRIN MIUR ed INAF (3 negli ultimi 7 anni). È attivamente impegnata nella divulgazione scientifica; in particolare ha pubblicato un libro per ragazzi e ragazze con la casa editrice Mondadori.

Paola Focardi
Paola Focardi, già docente di Storia dell’Astronomia presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna e Coordinatrice Scientifica del Museo della Specola, si è occupata prevalentemente delle proprietà di aggregazione delle galassie sulle diverse scale, un’attività di ricerca che l’ha portata a trascorrere lunghi periodi presso prestigiose istituzioni straniere. Da sempre attiva nella divulgazione, nel 2014 ha vinto il Premio Internazionale “Federico II e i poeti tra le stelle” (V edizione) con la poesia “L’Universo” e nel 2019 ha pubblicato, con la 1088press, il libro “L’Uomo e il Cosmo. Breve viaggio nella scienza che ci ha resi infinitamente piccoli”. Appassionata di teatro e fermamente convinta che sia un ottimo strumento per raccontare al pubblico la scienza, negli ultimi anni ha intrapreso questa strada e spera di poter continuare a percorrerla.