L’esplosione della vita sulla Terra e lontano da noi

L’esplosione della vita sulla Terra e lontano da noi

La Terra nella sua evoluzione è diventata un pianeta in grado di ospitare una grande varietà di specie viventi, dai microrganismi a piante e animali, fino ad arrivare all’uomo.

Partendo da specie più semplici la vita si è via via evoluta verso forme sempre più complesse: si stima che questo processo sia iniziato circa 4,4 miliardi di anni fa e si sia concluso dopo quasi 2 miliardi di anni, cioè sia iniziato con la comparsa dell’acqua allo stato liquido per concludersi con le prime attività ‘moderne’ di fotosintesi. Oggi è consolidata l’ipotesi che la vita abbia avuto origine dalla non-vita. Già nell’antichità esisteva il concetto di generazione spontanea della vita e fino al XVII secolo era diffusa la ‘credenza’ che la vita sia in grado di nascere in modo del tutto spontaneo dalla materia inerte o inanimata, grazie all’effetto di particolari ‘flussi vitali’. Nella scienza moderna si studia l’abiogenesi, cioè il processo naturale per cui la vita si originerebbe a partire da molecole organiche: se definitamente dimostrato, potremmo definire questo fenomeno come ‘il Big Bang dei biologi’. Questa ipotesi fu proposta agli inizi del Novecento dal biochimico russo A. I. Oparin e dal biologo britannico J. B. S. Haldane: le forme di vita si sarebbero generate qui sulla Terra a partire da un brodo primordiale’ attraverso una serie di reazioni chimiche, dove le molecole organiche si sarebbero generate in un ambiente primordiale riducente, ricco di metano, ammoniaca ed acqua, in presenza di fonti energetiche quali raggi UV e fulmini. Nel 1953 la teoria è stata testata dall’esperimento di Miller-Urey, utilizzando due camere, una delle quali, detta ‘primordiale’, era ricca di acqua e di sostanze tipiche della Terra e conteneva due elettrodi per simulare i fulmini e le radiazioni UV, mentre la seconda camera era analoga alla prima ma senza gli elettrodi. Dopo circa una settimana nella camera ‘primordiale’ furono osservati alcuni composti organici, tra cui degli amminoacidi. I campioni provenienti dall’esperimento di Miller-Urey sono stati conservati per oltre cinquant’anni in un armadio a temperatura ambiente ed agli inizi del ventunesimo secolo sono stati analizzati con strumenti molto più sofisticati di quelli del 1953. Gli amminoacidi sono risultati essere di ventitré tipi e per molti di essi è stata trovata un’equa ripartizione tra conformazioni levogire e destrogire. La presenza di tutte e due le conformazioni indica che gli amminoacidi sono stati prodotti dall’esperimento e non da qualche microrganismo infiltrato nel campione: infatti le cellule che conosciamo producono aminoacidi con conformazioni solo levogire. Tuttavia è difficile ancora oggi comprendere come sia possibile il passaggio da semplici composti organici, anche se complessi, a molecole dotate di attività biologica vera e propria, con caratteristiche appartenenti alla vita, come il mantenimento della struttura cellulare e la sua organizzazione, fino ad arrivare alla capacità di riprodursi.

Se la vita ha avuto la possibilità di ‘nascere’ qui sulla Terra deve avere avuto la stessa possibilità di originarsi anche altrove, se accompagnata dalle giuste condizioni. Secondo la teoria detta ‘Panspermia’, la vita esiste in tutto l’Universo ed è persino in grado di viaggiare. La teoria della panspermia ha origini molto antiche: già il filosofo greco Anassagora affermava che i semi della vita sono presenti ovunque nell’Universo. Nella sua moderna formulazione questa teoria può far pensare all’origine extraterrestre non solo delle molecole organiche ma della vita stessa. Si ipotizza che alcune forme di vita possano letteralmente viaggiare nello spazio grazie ad alcuni vettori, quali meteoroidi, asteroidi, comete, planetoidi e veicoli spaziali. Questa teoria è supportata dal fatto che alcuni microrganismi, come gli estremofili, risultano poter sopravvivere in ambienti spaziali rimanendo  in uno stato dormiente  all’interno di vettori spaziali, per poi ritornare attivi in presenza delle giuste condizioni ambientali. Nel 1996 in Antartide è stato ritrovato un meteorite che si suppone che si sia staccato da Marte circa 4,5 miliardi di anni fa e avrebbe raggiunto la Terra dopo aver vagato nello spazio per lungo tempo: diverse analisi hanno rilevato la presenza di batteri fossili. Il moderno campo di ricerca che studia l’origine della vita sul nostro o su altri pianeti al fine di capire se esiste altra vita nell’Universo è denominato ‘astrobiologia’ o ‘esobiologia’. In queste ricerche, che rappresentano una vera e propria ‘scienza per il futuro’, confluiscono molte discipline, quali la matematica, la fisica, la chimica, l’ingegneria oltre ovviamente alla biologia.

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Relatori: John Brucato e Manuela Giovannetti

Ore: 15:30

Data: 18 febbraio 2026

Auditorium Palazzo Blu

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John Brucato

John Robert Brucato è Dirigente di Ricerca presso l’INAF Osservatorio Astrofisico di Arcetri a Firenze e docente del corso di Astrobiologia presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Firenze. Responsabile del Laboratorio di Astrobiologia dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri. Vice Direttore dell’European Astrobiology Institute, membro del Consiglio Direttivo del EANA – European Astrobiology Network Association e membro del Consiglio Scientifico della Società Italiana di Astrobiologia. Esperto di astrobiologia e della ricerca di segni di vita nel Sistema Solare, dello studio di materiale extraterrestre e dello studio delle interazioni chimico-fisiche di superfici minerali con biomolecole in condizioni spaziali simulate. È membro delle missioni NASA OSIRIS-REx per la raccolta e il rientro a Terra di campioni primitivi ricchi di carbonio dall’asteroide 1999 RQ36 Bennu, della missione ExoMars dell’ESA e della missione Mars2020 – Perseverance della NASA per la ricerca di segni di vita su Marte. E’ autore di circa 200 pubblicazioni scientifiche su riviste scientifiche internazionali con peer review.

Manuela Giovannetti

Manuela Giovannetti. Professore Emerito di Microbiologia Agraria, Alimentare e Ambientale presso l’Università di Pisa, Accademico Ordinario dell’Accademia dei Georgofili. Le sue ricerche riguardano la biodiversità molecolare e funzionale dei microrganismi benefici simbionti delle piante, che svolgono un ruolo chiave nel mantenimento della fertilità del suolo e nelle produzioni alimentari. In particolare ha studiato i meccanismi di ricombinazione genetica e le strategie di sopravvivenza che li caratterizzano, oltre ai problemi legati alla selezione delle specie più efficienti e alla conservazione del loro germoplasma. I risultati delle sue ricerche sono riportati in oltre 170 pubblicazioni scientifiche con referaggio internazionale, che hanno ricevuto più di 13.000 citazioni. E’ inclusa nella lista Top 2% dei più citati ricercatori mondiali (indagine Stanford University). E’ stata Visiting Scientist presso Rothamsted Research, UK, Direttore del Centro di Studio per la Microbiologia del Suolo del CNR, Preside della Facoltà di Agraria, membro del Senato Accademico e Direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca “Nutraceutica e Alimentazione per la Salute” presso l’Università di Pisa. Ha fatto parte del Consiglio Scientifico del CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) e coordinato la Banca Europea del Germoplasma IBG (International Bank of Glomeromycota). La Prof. Giovannetti ha svolto attività scientifica in diverse Università ed Enti di ricerca europei, tra cui: Università di Dundee, Cambridge, Copenaghen, Helsinki, Laboratoire de genetique et amelioration des plantes di Digione. E’ stata responsabile scientifico e/o di unità operativa di numerosi progetti di ricerca italiani ed europei e, dal 1998 al 2011, ha ricoperto l’incarico di Delegato Nazionale MIUR in programmi Europei di Cooperazione Scientifica e Tecnologica. Ha svolto attività di divulgazione scientifica, attraverso la pubblicazione di libri e partecipando a trasmissioni radio e TV.

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