Sul pianeta Terra sono numerose le interazioni tra i fattori astronomici, geologici e biologici.
Ad esempio, i primi organismi terrestri, sfruttando l’energia solare, fecero enormemente aumentare la quantità di ossigeno nell’atmosfera; così come 65 milioni di anni fa la geografia e la biologia del nostro pianeta furono stravolte dall’impatto con un asteroide, che creò le condizioni per l’avvento dei nostri predecessori mammiferi. Ma c’è anche un esempio più moderno: il nostro uso di combustibili fossili e di prodotti chimici ha alterato l’equilibrio ambientale. Gli attuali cambiamenti climatici rappresentano una chiara evidenza di quanto sia forte il legame tra il pianeta Terra e la vita degli esseri che la popolano. Tuttavia, fino a che punto l’ambiente influisca sulla storia e sulla società umana e quanto grande sia l’impatto dell’Umanità sull’ambiente stesso sono temi al centro di contrastanti opinioni. Alcune significative linee di indagine, quale quelle sostenute da J. Diamond ed altri, sostengono che la storia dell’Umanità sia stata fortemente influenzata da fattori geografici ed ambientali: cioè la geografia, il clima e la diversità delle specie che si sono sviluppate nelle diverse regioni avrebbero giocato un ruolo enorme nella specifica storia dei popoli che le hanno abitate. Anche se è impossibile negare queste valutazioni, è altrettanto doveroso sottolineare che le interconnessioni tra l’ambiente e lo sviluppo umano sono ben più complicate.
Certamente l’ambiente ha avuto un ruolo nella scelta dei siti dove si sono sviluppate le prime aggregazioni umane ma è altrettanto certo che gli esseri umani hanno modificato l’ambiente di quei siti scavando canali, spostando ingenti quantità di terreno e di rocce, riducendo foreste, modificando linee di costa etc. Il risultato finale è stata la realizzazione di una rete globale di interazioni con l’ambiente che andavano da est ad ovest e da nord a sud. Inoltre, nel rapporto uomo-ambiente, hanno avuto un ruolo non meno decisivo le istituzioni umane come le strutture organizzative sociali e le credenze religiose. Nell’epoca presente c’è infine un ulteriore elemento che ha condizionato e può ulteriormente condizionare l’interazione uomo-ambiente: la disuguaglianza economica tra le diverse nazioni.
Info:
Valentina Laviola è assegnista di ricerca presso l’Università di Napoli L’Orientale e insegna Archeologia e storia dell’arte islamica presso l’Università degli studi “G. d’Annunzio” Chieti ‒ Pescara.
Ha condotto molti studi sulla cultura materiale e la decorazione architettonica dei territori iranici orientali, pubblicando nel 2020 una monografia dal titolo Islamic Metalwork from Afghanistan (9th-13th century). The Documentation of the IsMEO Italian Archaeological Mission.
Parallelamente, è impegnata in ricerche volte a far emergere e valorizzare il patrimonio islamico conservato in Italia. A questo scopo, scrive articoli divulgativi sulla pagina del Giornale dell’arte orientale.
Nadia Breda è docente di Antropologia culturale all’Università di Firenze dove tiene dal 2001 il corso magistrale di Antropologia dell’Ambiente. Si è laureata in Etnologia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dopo aver studiato antropologia all’EHESS di Parigi e di Tolosa. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Scienze Etnoantropologiche all’Università La Sapienza di Roma nel 1999, con una tesi di Antropologia della natura sui raccoglitori della Palude del Busatello.
Ha svolto molteplici ricerche sul campo con incarichi di ricerca presso Parchi Nazionali e Regionali italiani ed ha partecipato a lavori di ricerca internazionali sui temi del rapporto natura/cultura in Francia, Inghilterra, Spagna, Svizzera, Slovenia, Colombia.
Invitata nel 2018-19 dall’antropologo francese Philippe Descola al LAS (Laboratoire d’Anthropologie Sociale fondato da Claude Lévi-Strauss a Parigi), ha potuto partecipare come chercheure invitée ai lavori di questo Laboratorio, tenendo seminari alla Sorbonne, al Musée du Quai Branly, all’EHESS, all’INALCO e all’Università di Brest e collaborando con il CEMS (Centre d’Etudes Mongoles et Siberiennes).
Tra le sue oltre 70 pubblicazioni si segnala la trilogia sulle zone umide a cui ha dedicato molte ricerche sul campo e lavori di attivismo ambientale: I respiri della palude (Cisu 2000); Palù. Inquieti paesaggi tra natura e cultura (Cierre 2001); Bibo. dalla palude ai cementi (Cisu 2010). Alcuni suoi testi sui conflitti ambientali sono stati messi in scena e rappresentati da un gruppo musicale nel 2018 e nel 2019.
Le sue ricerche sul campo più recenti vertono sull’antropologia della Mongolia, paese con il quale gestisce un Agreement universitario e per il quale è Visiting Professor all’ International Institute for the Study of Nomadic Civilization-UNESCO (IISNC) in Ulaanbaatar (MG).