Equilibrio tra genere umano e risorse della Terra

Gli allarmi si susseguono, anche se molti li ignorano e altri non li condividono. Tuttavia sono ormai tanti gli studi che mostrano che lo sfruttamento eccessivo delle risorse sta conducendo i sistemi ambientali del pianeta al limite dell’instabilità. L’acqua, il suolo, l’aria o le risorse minerarie sono risorse essenziali per la vita: il loro sfruttamento eccessivo va peggiorando. In mancanza delle misure efficaci la situazione si aggraverà rapidamente. Occorre correre ai ripari. Tutti i settori economici devono compiere uno sforzo di innovazione ed ogni abitante della Terra è chiamato a fare la propria parte.

Gli allarmi si susseguono, anche se molti li ignorano e altri non li condividono. Tuttavia sono ormai tanti gli studi che mostrano che occorre accelerare la corsa ai ripari, poiché il cammino che porta a uno sviluppo sostenibile e a una crescita economica continua è oscuro e confuso. Il filo rosso che lega tutti i saggi su questo tema è che dubbi e incertezze devono ormai lasciare il passo a politiche di contrasto fatte di riduzioni massicce di emissioni di gas serra, di passaggio da fonti fossili più inquinanti ad altre meno inquinanti, di risparmio di risorse naturali, di innovazione tecnologica in tutti i campi per aumentare l’efficienza e ridurre gli sprechi.
L’acqua, il suolo, l’aria o le risorse minerarie sono risorse naturali sulle quali si fonda la nostra qualità di vita. Lo sfruttamento eccessivo al quale sono sottoposte, come confermano numerosi studi scientifici, andrà probabilmente peggiorando, poiché il volume economico e la popolazione mondiale sono in costante aumento. Lo sfruttamento eccessivo delle risorse sta conducendo i sistemi ambientali del pianeta al limite dell’instabilità. Il concetto di «limiti del pianeta» (planetary boundaries) è stato pubblicato nel 2009 da una comunità di ricercatori: già recepita negli obiettivi della politica climatica internazionale, tale ricerca tiene conto di nove limiti biofisici decisivi per il «sistema Terra», il cui superamento potrebbe avere conseguenze gravi. Tra queste figurano ad esempio i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità o i cicli biogeochimici (azoto e fosforo). L’economia globale sta già consumando una volta e mezzo le risorse naturali che il pianeta è in grado di produrre e per ogni punto di crescita del PIL globale, le emissioni di CO2 e il consumo di risorse crescono, rispettivamente, di un ulteriore 0,5 e 0,4%. Se le cose rimangono così, si ritiene che le attuali pratiche di produzione finiranno per non generare più PIL, ma, al contrario per produrre perdite che si calcola ammonteranno a 4.500 miliardi di dollari entro il 2030. In mancanza delle misure drastiche evocate dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) e dagli SDG (Sustainable Development Goals) dell’ONU, la situazione si aggraverà rapidamente, tanto più che lo sviluppo sociale non si arresta: la stessa ONU prevede una crescita della popolazione del 48% entro il 2100, in un contesto di scarsità di risorse, mentre le diseguaglianze tenderanno a replicarsi. Occorre dunque investire massicciamente a livello Paese e a livello di singole imprese, ma anche gli individui sono chiamati a fare la loro parte. A livello globale, infatti, la somma dei comportamenti ha effetti globali: basti pensare all’invasione delle plastiche nei mari, un problema non solo estetico dal momento che le microplastiche sono ormai entrate nella catena alimentare. Per contrastare il climate change, tutti i settori economici devono compiere uno sforzo di innovazione senza precedenti, e qui la buona notizia è che la cosiddetta quarta rivoluzione industriale, ossia il digitale, può dare un grande contributo. Settori di forte impatto ambientale come la produzione e la distribuzione di energia, lo stesso consumo energetico, il riscaldamento nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro, i trasporti locali così come quelli internazionali, l’agricoltura e, naturalmente, la manifattura, possono tutti trarre enorme giovamento dai processi di digitalizzazione in corso. E l’Italia? Il nostro Paese evidenzia un ritardo sulla strada del perseguimento degli SDG. L’Europa ha fatto un po’ meglio tuttavia, nell’insieme, il climate change e la salvaguardia delle risorse naturali non sembrano aver ancora assunto la priorità che meritano.

Info:

Relatore: Gianfranco Bologna e Marco Cattaneo

Orario: 15.30

Data: martedì 26 aprile

Auditorium Palazzo Blu

Diretta streaming

Gianfranco Bologna (1953) naturalista e ambientalista, è Presidente Onorario della Comunità Scientifica del WWF Italia, Full member del Club of Rome, Segretario generale della Fondazione Aurelio Peccei, e tra i coordinatori nazionali dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). Da oltre 45 anni opera nel campo culturale, divulgativo, didattico, formativo, progettuale della sostenibilità e della conservazione della natura, in particolare nel WWF Italia, dove ha svolto anche il ruolo di Segretario generale e di Direttore Scientifico. Ha svolto e svolge attività didattiche in numerose Università, ha tenuto per 10 anni un corso sui fondamenti della scienza della sostenibilità all’Università di Camerino. E’ membro del Comitato sul capitale naturale presso il Ministero dell’Ambiente (legge 221/2015), oggi Ministero della Transizione Ecologica, dove coordina anche il Gruppo Pianeta del Forum nazionale sullo Sviluppo Sostenibile. Ha scritto diversi volumi (tra gli ultimi, “Manuale della sostenibilità” e “Sostenibilità in pillole” entrambi edizioni Ambiente, e “Natura Spa. La Terra al posto del PIL” edizioni Bruno Mondadori), ha curato l’edizione italiana di oltre 150 volumi di alcuni dei più prestigiosi esperti di sostenibilità a livello internazionale. E’ stato membro delle delegazioni governative nell’Earth Summit delle Nazioni Unite a Rio de Janeiro del 1992 e nel World Summit on Sustainable Development ONU di Johannesburg del 2002. E’ l’ispiratore e uno dei coordinatori della piattaforma di lifelong learning del WWF, One Planet School, https://oneplanetschool.wwf.it.

Marco Cattaneo. Giornalista, direttore dei periodici National Geographic, National Geographic Traveler, Le Scienze e Mind, con trent’anni di esperienza nelle principali testate di settore, è un veterano del giornalismo scientifico italiano.
Nato a Milano, si è laureato in fisica nel 1991, per entrare pochi mesi dopo nella redazione di Le Scienze in veste di junior editor. E da lì ha iniziato una lunga carriera coronata dalla direzione della rivista, edizione italiana di Scientific American, e di Mind, mensile di psicologia e neuroscienze, nel 2006. Dal 2010 il gruppo GEDI gli ha affidato anche la direzione di National Geographic Italia. Dal 2019 ha una rubrica fissa su Il Venerdì, supplemento del quotidiano La Repubblica, con cui collabora da anni. In trent’anni di carriera si è dedicato prevalentemente ai temi della scienza, dalla fisica alle scienze della vita, e dell’ambiente, ma ha maturato anche una significativa esperienza come reporter e fotografo di viaggio, con servizi pubblicati da riviste come Airone e Meridiani.
È autore o co-autore di diversi libri, tra cui Heisenberg e la rivoluzione quantistica (Le Scienze, novembre 2000); Il Patrimonio mondiale dell’Umanità (3 volumi, con Jasmina Trifoni, White Star, 2002-2004); Le grandi città del mondo (con Jasmina Trifoni, White Star, 2005). E ha scritto la postfazione all’edizione italiana di Dove il tempo si ferma. La nuova teoria dei buchi neri di Stephen Hawking (Rizzoli, 2016). Ha ricevuto riconoscimenti giornalistici in campo nazionale e internazionale, tra cui il premio Voltolino (2001), il Grand Prix de l’Afjet (2008), premio dell’Associazione francese dei giornalisti di viaggio, il premio Ippocrate dell’Unamsi (2011), il premio Capo d’Orlando per la comunicazione multimediale (2014) e il premio Portico d’Oro-Jacques Le Goff dell’Università di Bologna (2019) per la divulgazione nella storia.
Ospite di frequente di programmi televisivi e radiofonici, ha una solida esperienza di conferenziere e moderatore (in italiano e in inglese) in festival e manifestazioni pubbliche.

Menu